Un pomeriggio qualunque di marzo.
Un pomeriggio da dedicare ai lavori in camper, direzione casa-rimessaggio.
Una strada non a scorrimento veloce ma quasi, siamo in fila ad andatura costante,
incredibilmente ci si ferma senza motivo in prossimità di una curva, nei pressi di una stazione ferroviaria alla periferia a Roma.
Il solito incidente…?
Uh guarda… un cane che segue il padrone a bordo strada.
No… si ferma, ma che fa? lo allontana…
Silenzio in macchina, curiosità a mille.
Le macchine stentano a ripartire perché il cane attraversa curioso da una parte all’altra della strada, per fortuna non troppo larga.
Si riparte, no ci si riferma. Uffa.
Il cane ci taglia la strada… ci si ferma di brutto, rischio tamponamento e clacson all’impazzata.
Ma che suoni là dietro? Non lo vedi il cane?
Eh no che non lo vede… è basso.
Nel frattempo ci accostiamo e scendo per recuperare il cane lasciando lo sportello aperto,
Signore… è suo il cane?
no, non lo è e se ne va altrove, quasi sembra scocciato.
D’accordo, mi avvicino al cane e lo invito verso una stradina laterale da dove sicuramente sarà uscito.
Dai piccolo, torna a casa ché ti aspettano.
Li vedi gli altri cani laggiù che ci guardano?
Nel frattempo una cagnolina oltrepassa una recinzione e ci osserva da lontano, poi rientra approfittando di qualche maglia rotta della rete ed io faccio entrare il canetto che nel frattempo era rimasto vicino a me.
Lui entra e corre verso gli altri cani, io sorridendo e commossa torno verso l’auto senza voltarmi; nemmeno cinque secondi dopo lui mi sorpassa e sale in macchina prima di me.
Io rimango impietrita e non so che fare.
Già, non so che fare perché sul sedile posteriore e tutta tranquilla c’è Alice;
mi avvicino alla macchina e prendo il canetto, cerco di farlo scendere per ripetere quanto appena fatto, ma proprio dal sedile posteriore si alza lei che lo bacia e lui se la sbaciucchia a sua volta.
Bene, proviamo a citofonare nelle abitazioni limitrofe.
Nessuno afferma di avere cani.
Telefono al mio amico veterinario che mi avvisa di passare al suo studio per un’eventuale ricerca di microchip e relativo proprietario; ci affrettiamo ed andiamo a scoprire che il caro canetto ha un papà, ma per ovvi motivi non possiamo contattarlo all’istante e quindi: si va a casa.
Ecco… si va a casa.
Come si va a casa?
A casa ci sarà anche Maya ad attenderci; e chi glielo dice che abbiamo un ospite peloso e per giunta un altro canide?
Uhm… speriamo bene ma così non è.
Maya si arrabbia e soffia al canetto che curioso la insegue… per poi demordere.
Per fortuna poi arriva l’ora della ninna e si va a dormire, quasi tranquillamente.
La mattina successiva arriva come sempre, semplicemente come sempre, e come sempre si va al parco per un po’: dobbiamo continuare le ricerche del papà rimasto orfano di cane.
Lasciamo i nostri recapiti a chi di dovere per le comunicazioni dovute e torniamo a casa con lui.
Nel frattempo il cane smarrito lo abbiamo chiamato Spino,
perché è spinoso, perché sembra abbia le spine,
perché somiglia ad uno spinoncino,
perché è apparso come una spina all’improvviso… che non riesci a togliere,
e poi perché sembra voler rispondere a questo nome.
Passano i giorni e finalmente arriva la chiamata.
Signora… abbiamo rintracciato il proprietario del cane che ha trovato, venga nel pomeriggio così sistemiamo il tutto.
Devo essere felice? Non lo so, qualcosa in me non sa rispondere, ma tant’è che dobbiamo andare, ci aspettano.
Arriviamo prima noi. Il tizio non c’è ancora.
(bah… fossi io… sarei arrivata il giorno prima, ma non sono io).
Ci chiamano… ci siamo, il cuore accelera senza motivo, forse momentanea ipertensione o tachicardia non meglio identificata.
Chi mi conosce si risponderà. Io ancora non lo so.
Signora… ecco, allora…
non so come dirglielo ma il proprietario ha ritelefonato dicendo che non verrà.
Ci guarda e non sorride più.
Io guardo il canetto che mi si è appiccicato alla gamba, il nostro cane smarrito.
Forse ha capito, forse ha paura, forse non vuole andare.
Forse non so nulla.
Non si preoccupi, avvisi il proprietario che… posso farlo io?
Vorrei davvero parlare con questa “persona” ma no non posso, lo so già.
Il problema nostro è la gatta…
cerco di spiegare i miei motivi, ché non sono cattiva, ché odio chi abbandona i cani, i gatti… insomma io odio questo tizio che ha deciso di non venire all’appuntamento.
Ah… voi avete una gatta?
E sì, anche un’altra canona, ma con lei alcun problema.
Capisco ci dice tranquillamente l’incaricata alle ricerche.
Ci accordiamo infine per cercargli una casa, il primo che la trova avvisa l’altro.
Ma… quando torniamo a casa sembra ci sia una nuova atmosfera.
Maya lo ignora, Alice è felice (e non per la rima) Spino saltella.
Passano due giorni, due lunghi giorni di pensieri e lacrime nascoste, chissà se solo le mie?
Pronto? Sì… sono io. abbiamo deciso. Spino resta con noi, mi dica cosa devo fare per registrarlo a mio nome.
Spino,
il cane smarrito,
la nostra nuova mascotte,
ringrazia per l’accoglienza.
Davvero un’interessante storia, scritta con doviziosa ed accattivante cura, intreccia e dipana e poi svolge tra imprevisti colpi di scena per poi arrivare ad un finale in cui l’uomo e l’animale fondono in comunità, si scelgono e si adattano e poi si accettano…
Grazie, letta con piacere.
Grazie Pasquale,
per aver letto e condiviso la mia idea, devo però aggiornarti che il cane in questione è poi stato adottato da un’altra persona e quindi ha cambiato casa.
Felice lui ché non è più in strada…
Grazie ancora e a rileggerti.